
Il SUNAS ritiene doveroso intervenire in merito all’articolo pubblicato su Welforum dal prof. Fazzi dell’Università di Trento, che ha suscitato uno stimolante dibattito, con numerose prese di posizione, tra cui quella del CNOAS.
Le considerazioni espresse dal prof. Fazzi, che rispettiamo ma non condividiamo del tutto, hanno comunque avuto il merito di avviare un vivace confronto che ci dà l’opportunità di precisare e puntualizzare alcuni aspetti che riguardano l’identità professionale degli assistenti sociali e del servizio sociale.
Innanzitutto è bene sgombrare il campo da ogni equivoco affermando che gli assistenti sociali rappresentano la professione che opera nel campo del servizio sociale, così come i medici sono i professionisti della medicina e gli psicologi della psicologia. In quest’ottica l’assistente sociale non è solo una figura lavorativa, ma anche il fulcro di una disciplina e di una professione che svolge nella società, nelle istituzioni pubbliche e nel privato sociale un ruolo, nonché specifici compiti e funzioni volte alla promozione e alla tutela dei diritti delle persone, per favorire l’inclusione sociale e condizioni di salute e di benessere degli individui e delle comunità.
L’azione del SUNAS è sempre stata caratterizzata dalla volontà di coniugare le istanze della categoria professionale con quelle dei cittadini, senza alcun intento di difendere interessi corporativi, facendo riferimento ai valori e principi costituzionali e guardando all’interesse generale.
L’idea di “ibridazione”, che emerge nell’articolo del prof. Fazzi, non ci convince perché essa rischia di mettere in discussione il valore specifico del servizio sociale e della professione di assistente sociale. Sicuramente sono da considerare positive le contaminazioni sui “saperi” tra le professioni, perché esse possono garantire maggiori e nuovi stimoli alla crescita professionale e al rafforzamento delle competenze specifiche nei rispettivi ruoli. L’idea che ci si possa ibridare (che è diverso dal contaminare) a nostro avviso non è in linea con la necessità di poter contare su funzioni e professionalità atte a svolgere ognuno il proprio ruolo nel pieno rispetto del mandato istituzionale e deontologico. La relazione di aiuto, la presa in carico e l’integrazione tra risorse personali e istituzionali sono competenze peculiari degli assistenti sociali e del servizio sociale, che non possono essere surrogabili da altre figure come sociologi, educatori o pedagogisti.
Un aspetto importante riguarda la formazione: i corsi di laurea in servizio sociale forniscono una base culturale comune con altre discipline del welfare, ma solo chi segue l’intero iter formativo che porta all’esame di Stato e all’iscrizione all’Albo assume la piena titolarità e responsabilità della professione di assistente sociale. Chi non completa questo percorso svolge un ruolo diverso, certamente utile ma non sovrapponibile, perché privo di quegli strumenti metodologici e giuridici che caratterizzano la presa in carico professionale propria dell’assistente sociale.
Anche la normativa europea e internazionale sottolinea questo punto.
La definizione globale di Servizio Sociale della IASSW e dell’IFSW (2014) individua nel servizio sociale “una professione basata su principi di giustizia sociale, diritti umani e responsabilità collettiva, con metodologie specifiche.”
La Carta Sociale Europea (1961, riveduta 1996) riconosce il diritto di ogni persona a ricevere assistenza e servizi sociali adeguati, affidando agli Stati il compito di garantirne la qualità tramite professionisti qualificati.
Le Linee guida ONU per l’assistenza alternativa ai minori (2009) ribadiscono l’importanza di professionisti formati nel servizio sociale, distinguendone il ruolo da altre figure affini, educative o sociologiche.
La Direttiva 2005/36/CE sul riconoscimento delle qualifiche professionali colloca gli assistenti sociali tra le professioni regolamentate, confermando la specificità del loro iter formativo e professionale.
Per queste ragioni, è importante preservare la chiarezza e la forza identitaria del servizio sociale e della professione di assistente sociale. Solo riconoscendo la specificità della formazione, dell’iter abilitante e delle funzioni di presa in carico, possiamo evitare il rischio di confusione con altre figure e garantire ai cittadini il diritto ad un intervento qualificato, come previsto dalle normative nazionali e internazionali.
30 settembre 2025
Comitato Direttivo Nazionale SUNAS
