Spett.le Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali,
in persona dell’On.le Marina Elvira Calderone
Via Veneto 56 – 00187 – Roma
gabinettoministro@pec.lavoro.gov.it
ufficiolegislativo@pec.lavoro.gov.it
segretariatogenerale@pec.lavoro.gov.it
dgprevidenza@pec.lavoro.gov.it
Spett.le INPS, Istituto Nazionale della Previdenza
Sociale, in persona del Prof. Pasquale Tridico
Via Ciro il Grande di Valle Aurelia 21 – 00144 – Roma
ufficio.comunicazioneesterna@postacert.inps.gov.it
dc.pensioni@postacert.inps.gov.it

OGGETTO: Proposta di Inserimento dei Professionisti ASSISTENTI SOCIALI nell’elenco

delle categorie che esercitano LAVORI GRAVOSI.

Lo scrivente Sindacato Professionale, SUNAS (Sindacato Unitario Nazionale Assistenti Sociali)
aderente alla Confederazione CSE, con la presente missiva intende sottoporre all’attenzione dei
Vs Uffici l’improcrastinabile necessità di inserire la categoria degli assistenti sociali nell’elenco dei
lavori gravosi.
Nell’anno passato abbiamo appreso con sorpresa che la categoria da Noi rappresentata non
era stata inserita nell’elenco dell’allegato 3 di cui all’art. 1, comma 92, della Legge 234/2021
(Legge di Bilancio 2022).
Da tempo sosteniamo che la categoria professionale che rappresentiamo è soggetta ad elevati
fattori di rischio fra quelli tipici dei lavori gravosi e usuranti: tale convinzione deriva oltre che dalla
nostra esperienza sindacale, anche dal solido supporto della letteratura scientifica nazionale e
internazionale in merito e dalle ricerche sul campo, fra cui quella condotta dall’Ordine Nazionale
degli Assistenti Sociali che evidenzia elevati rischi professionali e un diffuso stato di sofferenza e di
malessere degli assistenti sociali.
Alla luce di quanto emerso, lo scrivente Sindacato avanza formale richiesta e propone di
inserire quella degli assistenti sociali tra le categorie alle quali estendere il carattere di attività
lavorativa usurante e/o gravosa.
A sostegno della proposta appena formulata si ritiene utile fornire un quadro ad ampio raggio
circa le ragioni sulle quali la richiesta oggi articolata si basa e trova le sue fondamenta scientifiche.
ASSISTENTI SOCIALI: LAVORO GRAVOSO
Secondo l’Agenzia Europea per la Salute e la Sicurezza sul Lavoro (EU-OSHA) e secondo le
ricerche e la letteratura scientifica e di settore, nazionale e internazionale, i rischi psicosociali
(stress lavoro-correlato, burnout, esposizione a violenza e aggressioni in ambito lavorativo e
mobbing) rappresentano una delle sfide principali con le quali è necessario confrontarsi nel campo
della salute e della sicurezza sul lavoro, in quanto hanno ripercussioni fra le più rilevanti sulla
salute dei singoli lavoratori, oltre che sulle imprese (inclusi enti locali e aziende sanitarie) e
sull’economia nazionale.
È dunque unanimemente riconosciuta la necessità di considerare questi apparentemente “invisibili”
rischi per la salute del tutto alla stregua dei rischi di natura fisico-chimica, come peraltro recepito e
disposto anche dalla normativa italiana di settore (D. Lgs n. 81/2008).
In merito alla professione dell'assistente sociale, vi sono numerosi fattori che la pongono in

una condizione di alto e specifico rischio psicosociale, in particolare per quanto riguarda lo
stress lavoro correlato, il burnout e l’esposizione a violenze in ambito di lavoro, per cui si
ritiene necessaria una conseguente tutela a livello normativo, contrattuale, assicurativo e
previdenziale, nel quadro dei lavori usuranti.
Stress lavoro-correlato e assistenti sociali
Tutta la letteratura scientifica (cfr. bibliografia essenziale e sitografia allegate) concorda sul fatto
che il lavoro terapeutico e assistenziale è fortemente sottoposto ad un alto rischio di stress, in
quanto comporta uno straordinario carico emozionale dovuto alla continua relazione tra persone e
alla costante interazione con la sofferenza e con le aspettative dell’altro (utente) e dei suoi
familiari.
Lo stress è inteso come la sofferenza del professionista nel fare fronte alle richieste dell’ambiente
di lavoro e delle persone che a lui si rivolgono (l’utenza), che egli percepisce come soverchianti e
che non riesce ad affrontare o controllare per molte ragioni. Lo stress è per il lavoratore una
causa accertata di problemi di salute, sia fisica che mentale.
L’assistente sociale è sottoposto in misura estremamente elevata a tali sollecitazioni, proprio a
causa del suo specifico mandato professionale ed istituzionale, che lo pone a stretto e continuo
contatto con un’utenza vulnerabile, portatrice di sofferenza e multi-problematicità:
– per la gestione complessa della sua attività di aiuto, spesso vissuta come controllo da parte
dell’utenza;
– per il contesto socio-economico, sempre più segnato dalla scarsità di risorse;
– per le condizioni ambientali e organizzative in cui opera (visite domiciliari, molto spesso
svolte da soli, con utilizzo di mezzi propri o aziendali, su territori anche molto vasti e
disagevoli; sedi di lavoro strutturalmente e logisticamente inadeguate, spesso isolate);
– per i carichi di lavoro insostenibili e in costante aumento, anche a causa del blocco delle
assunzioni e del mancato turnover del personale, specie nel settore pubblico;
– per l’elevata responsabilità personale e professionale in settori di grande delicatezza e
complessità (p. es. tutela minori);
– per la crescente tolleranza sociale alla violenza e la percezione comune che la pratica della
loro professione debba implicare l’accettazione della violenza e di atti aggressivi a cui, infatti,
sono soggetti nella misura più alta, analogamente ai sanitari delle strutture ospedaliere.
Burn-out e assistenti sociali
Il burnout è la sindrome logorante assolutamente tipica dei professionisti della relazione d'aiuto.
Il nucleo del burnout è un grave sovraccarico emozionale seguito da una profonda sofferenza
per il professionista/operatore dell’aiuto e, infine, dall’esaurimento emozionale.
Si tratta di una reazione disfunzionale alla tensione cronica creata dal contatto continuo con
un’utenza portatrice di problemi e di sofferenza fisica, psichica o sociale.
Allo stadio conclamato, tale sindrome si manifesta attraverso una complessa sintomatologia che
comprende:
– comportamenti che testimoniano un forte disinvestimento sul lavoro;
– sfinimento e sintomi fisici (mal di testa, disturbi del sonno, tachicardia e ipertensione, disturbi
gastrointestinali, tensione, etc.);
– eventi autodistruttivi (disturbi di carattere psicosomatico o del comportamento, diminuzione
delle difese immunitarie, aumento della propensione agli incidenti, ecc.);
– comportamenti etero distruttivi diretti all’utente (indifferenza, spersonalizzazione, violenza,
etc.).
Le professioni ad elevata implicazione personale, in particolare quelle di cura e di aiuto, sono
concordemente riconosciute dalla letteratura scientifica e di settore come quelle a più alto rischio di

sindrome da burnout, e l’assistente sociale rientra pienamente in questa casistica a causa
della intensa relazione connessa alla sua attività professionale.
Esposizione degli assistenti sociali a violenze, minacce e aggressioni
L’ambito dei servizi di aiuto alla persona è, in assoluto, uno dei settori con più alti livelli di
rischio di subire aggressioni e violenza da parte di terzi, siano essi utenti o loro familiari, tanto che
già nel 1998 l'OMS* individuava gli assistenti sociali fra le professioni a maggiore rischio di
aggressione e violenza, dovendo gestire relazioni ad alto contenuto emotivo, con persone che
molto spesso si trovano in un temporaneo stato di fragilità̀, frustrazione o perdita di controllo.
Negli anni successivi numerosi studi e ricerche hanno confermato che chi lavora nei Servizi Sociali
corre un rischio molto alto di subire violenza, analogamente a quanto avviene nel settore della
Sanità. In proposito l’EU-OSHA nel 2007 dichiarava: “il settore sanitario e sociale è
caratterizzato dalla massima esposizione alla violenza sul luogo di lavoro”.
Anche in Italia diverse ricerche hanno confermato l’altissima esposizione degli assistenti sociali
alla violenza da parte di utenti e familiari di utenti. 1
Nel 2017 è stata condotta la più ampia indagine italiana sulla violenza subita dagli assistenti
sociali, realizzata attraverso una survey, che ha coinvolto 20.112 assistenti sociali (il 47% del totale
degli assistenti sociali italiani), confermando l’alta incidenza di violenza verbale (88,2% degli
intervistati) e fisica (15,4%) subita dagli assistenti sociali sul luogo di lavoro. 2
Nel 2020, al momento di un’audizione dell’Ordine Nazionale degli Assistenti Sociali presso la
Commissione Giustizia e Affari Sociali della Camera dei Deputati e della presentazione della
ricerca, la percentuale delle violenze fisiche segnalate era salita a oltre il 20%. Il perdurare della
crisi, l’allargamento di gravi difficoltà economiche e sociali a fasce di popolazione sempre più
ampie, la diffusione di vissuti di rabbia e frustrazione che i cittadini provano nel non trovare un
sostegno e un aiuto sufficiente hanno acuito l’escalation di questo fenomeno, rendendo la
professione dell’assistente sociale ancora più pericolosa, con punte di rischio assolutamente
allarmanti, specie nei servizi a tutela dei minori e a sostegno di adulti in difficoltà.
I dati e la letteratura di settore, internazionale e italiana, dimostrano che l’assistente
sociale, per la peculiarità delle sue funzioni e dei contesti in cui opera, è soggetto in
misura continuativa, rilevante e specifica all’insieme di tutti i rischi psicosociali descritti,
determinandone una condizione lavorativa senz’altro logorante, meritevole di
riconoscimento sociale e di adeguata tutela assicurativa e previdenziale, ma anche
normativa e contrattuale, come lavoro usurante.
A quanto esposto, si aggiunga che la Commissione Tecnica incaricata dal Ministro del Lavoro di
studiare la gravosità delle occupazioni, con relazione datata settembre 2021, nell’analisi di alcuni
progetti di ricerca tra i quali “The healt equity impact of increasing age of retirement”, ha rinvenuto
l’elemento della gravosità non solo sotto il profilo dell’onerosità ergonomica della mansione che si
manifesta principalmente nel logoramento dell’apparato e della funzionalità muscoloscheletrica e
nella rischiosità per la sicurezza che si esprime nelle conseguenze infortunistiche della
incidentalità; ma anche sotto il profilo del “carico psicosociale che si esprime nello stress
correlato al lavoro, così importante per il rischio metabolico, cardiovascolare e per la salute
mentale” (cfr. Commissione Tecnica incaricata di studiare la gravosità delle occupazioni –
Conclusioni – settembre 2021 (punto 2, pag. 7). Quest’ultimo “indice”, che per sinteticità di
1. Lo stato dei Servizi Sociali di Roma Capitale: la violenza nei confronti degli operatori” Università degli
Studi Roma tre e Comune di Roma, marzo-settembre 2015; Croas della Liguria e Università di Genova,
2012; Croas Regione Puglia “Help me. La violenza contro gli operatori dell’aiuto”, 2012.
2. Rosina B., Sicora A. (cur), La violenza contro gli assistenti sociali in Italia, Franco Angeli, 2019

espressione denomineremo “carico psicosociale”, corrisponde esattamente all’aspetto
fondamentale di gravosità che incide sull’attività professionale dell’assistente sociale, come
ampiamente riferito e dimostrato nel corso della presente esposizione.
A questo punto non si comprende come mai, tra le categorie elencate nei lavori gravosi, latiti
l’assistente sociale. Una simile “svista” appare come una profonda lacuna che richiede di essere
colmata con un urgente intervento normativo. In forza di quanto emerso dall’analisi condotta, si
vuole sensibilizzare e invitare il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, il Governo e il
Parlamento affinché intervengano al più presto per riconoscere il carico psicosociale che la
professione degli assistenti sociali ha da sempre sopportato e continua tutt’ora a sopportare e il
conseguente rischio di burnout senza poter accedere ai benefici previdenziali connessi (pensione
anticipata e APE sociale) come giusto “premio” del gravoso carico che incombe sulla categoria
degli assistenti sociali.
Pertanto, lo scrivente Sindacato Professionale/SUNAS rivolge formale richiesta al Ministro del
Lavoro e delle Politiche Sociali e al Governo tutto affinché, in sede di Legge di Bilancio anno 2023,
si facciano carico e portavoce della presente segnalazione e valutino la necessità di integrare
l’elenco di cui all’allegato 3 dell’art. 1 comma 92 (elenco dei lavori gravosi) della L. 234/2021 (legge
di Bilancio 2022) attraverso l’inserimento della figura professionale dell’assistente sociale – Codice
Istat 3.4.5.1.0.
Distinti saluti.
Il Segretario Generale
Salvatore Poidomani

Si allegano qui di seguito:
– Quadro normativo essenziale di riferimento
– Bibliografia essenziale
– Sitografia

ALLEGATO:
Quadro normativo essenziale di riferimento
– D. Lgs 81/2008 Testo Unico sulla sicurezza sul lavoro.
– L. n. 38/2009, da art. 7 ad art. 9, sullo Stalking.
– L. 15 gennaio 2021, n. 4 di ratifica della Convenzione dell’OIL/Organizzazione Internazionale
del Lavoro n. 190, sull’eliminazione della violenza e dele molestie sul luogo di lavoro.
– Accordo Quadro Europeo sulle molestie e sulla violenza sul luogo di lavoro.
– Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, “Circolare in ordine alla approvazione delle
indicazioni necessarie alla valutazione del rischio da stress lavoro correlato di cui all'art. 28,
comma 1-bis del D. Lgs n. 81 del 09/04/2008 e successive modifiche e integrazioni”, nov.
2010.
– Ministero della Salute, Raccomandazione n. 8 “Per prevenire gli atti di violenza a danno degli
operatori sanitari”, novembre 2007.
Bibliografia essenziale
– Bini L., Peruzzi S., La violenza verso l’assistente sociale, Pacini Editore, 2016
– De Fazio, L. and. Galeazzi G.M., MGS «Stalking: intervention, approaches and training needs
in helping professions». 4th Annual Conf. Of the Eu. Society of Criminology, Amsterdam,
(2004).
– De Fazio, L. e G.M. Galeazzi «Women Victims of stalking and Helping Professions:
Recognition and Intervention in the Italian Context». Dilemmas of Contemporary Criminal
Justice. Faculty of Criminal Justice, Slovenia. (2004).
– Giribaldi M.A., a cura di, “Indicazioni e strumenti per prevenire e affrontare il rischio di violenza
nei confronti dei professionisti dell’aiuto”, Consigli Nazionale dell’Ordine degli Assistenti
Sociali-2015.
( http://www.cnoas.it/La_professione/Rischio_Professionale/Documenti.html
– Fenoglio R., L. Nardi, A. Sumini, A. Tassinari, «L'aggressività nei servizi sociali: analisi del
fenomeno e strategie di fronteggiamento», Maggioli Editore, 2012
– Gentile L., RSPP Asl 15 Cuneo, “Valutazione del rischio aggressione »
– ( http://ebookbrowse.com/valutazione-del-rischio-aggresione-doc-d10288593 )
– Gioncada M., “Diritto dei servizi sociali per assistenti sociali, psicologi, educatori, avvocati”,
Maggioli Editore, 2009
– Giribaldi M. A., «Servizio Sociale e sicurezza sul lavoro. Il rischio di violenza e aggressione»,
Notiziario SUNAS n. 188/2011
– ISPESL, «La valutazione dello stress lavoro-correlato. Proposta metodologica» 2010
( http://www.ispesl.it )
– Magnavita N. et al., «Analisi della violenza contro i lavoratori della Sanità durante la
sorveglianza sanitaria in un periodo di 8 anni», Giornale italiano di medicina del Lavoro, 2011;
Suppl. 274-27
– Maslach e M. P. Leiter, «Burnout e organizzazione. Modificare i fattori strutturali della
demotivazione al lavoro», ed Erickson, 2000
– National Task Force on violence against Social Care Staff, Report and national actionplan,
2000 ( http://www.dh.gov.uk )
– National Institute for Occupational Safety and Health (NIOSH): Violence – Occupational
Hazard in Hospitals. April 2002.  www.cdc.gov/niosh
– Occupational Safety and Health Administration (OSHA): Guidelines for Preventing Workplace
Violence for Health Care & Social Service Workers. OSHA 3148-01R. U.S. Department of
Labor, 2004. http://www.osha.gov/Publications/osha3148.pdf

– International Labour Office, International Council of Nurses, World Health Organisation, Public
Services International – Joint Programme on Workplace Violence in the Health Sector:
Framework Guidelines for addressing Workplace Violence in the Health Sector. Geneva 2002.
– Rosina B., Sicora A. (a cura di), La violenza contro gli assistenti sociali in Italia, Franco Angeli,
2019
– Sicora A., (a cura di), “La violenza contro gli operatori dei servizi sociali e sanitari”, Carocci,
2013
– Skolnik-Acker E., «Verbal-de-escalation tecniques for defusing or talking down an esplosive
situation», NASW Press, Massachussets Chapter, 2008
Sitografia
http://www.lavoro.gov.it
http://www.salute.gov.it
http://www.ispesl.it (Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza sul lavoro, confluito
nell’INAIL)
http://osha.europa.eu (Agenzia Europea per la sicurezza e la salute sul lavoro; Schede E-Facts n°
18; 24; 26; 46)
http://www.osha.gov (U.S. Departement of Labor)
http://www.dh.gov.uk
http://wwwnasw.org (NASW- National Association of Social Workers – U.S.A.)
http://wwwnaswma.org (NASW sezione del Massachussets)
http://wwwcommunitycare.co.uk (Associazione di servizio sociale inglese)
http://www.hse.UK.gov/stress (Ente indipendente inglese per la prevenzione dei rischi, degli
infortuni e delle morti sul lavoro).
http://careers.socialworkers.org/explore/workforce.asp (NASW Center for Workforce Studies at the
University at Albany)
http:// www.ilo. org
http://www.cnoas.it/La_professione/Rischio_Professionale.html

101_SUNASSN_101_Lavorigravosi_211122
Condividi